A ricordo delle stragi del 1859 fu eretto, nel cinquantenario (1909), un monumento all'ingresso della città per volontà di un Comitato costituitosi nel 1906, presieduto dall'architetto Guglielmo Calderini, che volle questa opera d'arte scegliendone il progetto di Giuseppe Fringuelli, professore della locale Accademia delle Belle Arti, scelto fra i 13 bozzetti presentati.
I fondi furono reperiti con una sottoscrizione, a cui per primi aderirono il Comune con 10.000 lire e la Provincia con lire 1.000.
La fusione fu eseguita Roma nelle fonderie Bongirolami, e il basamento è ricavato nella roccia su cui poggia una colonna di 18 metri, fatto con pietra locale di S. Sabina e travertino di Tivoli. È composto da un basamento in stile classico, con sopra una colonna corinzia e in cima un braciere ardente, a testimonianza del sacrificio dei caduti.
Nella parte anteriore vi sono due figure di combattenti in bronzo: una nell'atto di puntare, e l'altra ferita e barcollante. Sullo sfondo la porta di Perugia.
Nella parte posteriore un fiero grifo soffoca con la zampa l'idra dalle sette teste e con la sinistra schiaccia la tiara papale. La tiara papale, rimossa successivamente al Concordato Stato-Chiesa, fu poi ripristinata nel 1980 in occasione del restauro del monumento.
Sulla colonna sporge un capitello con sopra un'ara fumante.
Sul basamento si leggono due epigrafi: una dettata da Francesco Guardabassi, nipote del Senatore Francesco; ed un'altra in memoria dei Frati benedettini che parteciparono attivamente agli eventi storici del 1859.
Dall'analisi del monumento risultano delle lesioni sulla colonna verticale, i giunti fra i travertini sono di piccolo spessore a testimoniare l'accuratezza durante la fase di montaggio dei blocchi di pietra. In alcuni casi la stuccatura dei giunti è mancante in altri la malta presenta fenomeni di disgregazione.
Vi è una alterazione cromatica della pietra e in alcune zone del monumento, in corrispondenza delle sculture in bronzo, si riscontra una patina verde derivante dal rame presente nella lega costituente il bronzo. A seguito dell'ossidazione del rame, innescato dall'azione delle acque meteoriche e dal degrado superficiale della superficie metallica, i residui dell'ossidazione del rame sono veicolati e dispersi dall'acqua sulla superficie del travertino, creando aloni di diversa forma e dimensione di colore verde smeraldo.
Si riscontrano patine dovute alla presenza di microflora ( muschi, licheni ) si manifestano nella parte bassa del monumento principalmente nel lato verso nord. Qui il ristagno dell'acqua crea patine ancora attive. Patine nere, dovute alla sovrapposizione dei cicli naturali della microflora e delle pulviscolo atmosferico, sono presenti su gran parte della superficie lapidea, formando in alcune zone anche delle croste nere.
Alla base del monumento vegetano erbe tipiche di ambienti rocciosi ( erba vetriola ) il cui impianto radicale deve essere estirpato con cura per non permettere il manifestarsi di nuova vegetazione.
Questo intervento è già stato interamente finanziato dal Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili dell'Umbria del Grande Oriente d'Italia.
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